Quando Google Maps ti porta (quasi) all’arresto

Pubblicato da lakida il

C’è una legge non scritta nei miei viaggi: prima o poi succede sempre qualcosa di insolito. Ma mai, nella mia carriera di viaggiatrice solitaria, avrei immaginato di trovarmi in una situazione tanto seria.

Il mio obiettivo è un piccolo villaggio, a circa 45 km da Douz. Il navigatore, però, segna più di 60 km. Confidando nella sua precisione, mi metto in viaggio. Attraverso strade deserte, costeggio dune di sabbia e un lago salato con i suoi miraggi incantevoli. Tutto è magico, quasi surreale. E diventa ancora più affascinante quando abbandono la strada principale: ormai manca poco.

L’asfalto scompare sotto una coltre di sabbia bianca, così fine da sembrare neve. La preoccupazione inizia a farsi strada. La macchina potrebbe incastrarsi nella sabbia, com’è successo stamattina. Ma qui, in mezzo al nulla, non passa anima viva! Sono sicura di essere quasi arrivata, quando mi rendo conto che il punto indicato dal navigatore non è un villaggio, bensì una struttura circondata da filo spinato. Non c’è bisogno di essere geni per capire che la situazione è delicata.

Decido di girare l’auto per tornare indietro, ma non prima di fermarmi per scattare una foto alla strada coperta di sabbia. Sistemo il treppiede e mi preparo a immortalare la scena quando, all’improvviso, noto un militare armato che si avvicina. Non parla né italiano né inglese (maledetta me per aver snobbato il francese alle superiori!). Cerco di spiegarmi, ma lui sembra sempre più irritato. Telefona più volte, e poco dopo arrivano altri uomini armati. A nulla servono le mie spiegazioni: “È stato il navigatore a portarmi qui!” Ma la risposta, secca e implacabile, è sempre la stessa: “Google NON SBAGLIA!”

Le attese si fanno interminabili. Sono circondata da militari che non hanno nessuna intenzione di ascoltarmi. Finalmente arriva il comandante e si ripete la stessa scena: “Google NON SBAGLIA.” Fanno foto alla mia patente, mi sequestrano il cellulare e non mi permettono di parlare. Il sole è impietoso e comincio a immaginarmi dietro le sbarre in un paese che non perdona. Poi, quasi inaspettatamente, mi lasciano andare. Prima di andarmene, però, il capo mi chiede:

  • “Con chi viaggi?”
  • “Sono da sola.” rispondo.
  • La sua faccia era tutto un programma. Non ha detto nulla, ma il pensiero era chiaro: Pazza!

Poi aggiunge:

  • “E perché?”
  • “Perché? Freedom!” rispondo con orgoglio.

Prima di partire, faccio presente che senza acqua non ce l’avrei mai fatta a tornare indietro. Sto letteralmente morendo di sete. Alla fine, mi offrono una bottiglia d’acqua fresca.

Ah, dimenticavo… quel villaggio che cercavo? Era lo stesso che avevo visitato la sera prima. Solo che non mi ero ricordata il nome!

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